Ogni passo accanto al Mississippi che scorreva è stato un passo difficile, scoprendo tutto il male e la discriminazione avvenute in queste terre del Sud degli Stati Uniti. Percorrendo passo dopo passo le orme di Martin Luther King; Atlanta, Chattanooga, Nashville, Memphis, Birmingham, Montgomery per poi ritornare in Georgia. Un cerchio, perché amo ritornare, sempre, perché un viaggio senza ritorno è solo una nuova via per perdersi definitivamente.
A Montgomery presso il memoriale per la pace, sopra ognuna delle stele che compongono il sito, c’è scritto il nome di una persona di colore che è stata linciata negli Stati Uniti d’America, solo perché diversa, solo perché il pigmento della pelle era più scuro del dovuto. Un ragazzo è stato linciato in quanto aveva scritto una lettera d’amore ad una ragazza bianca, mentre una signora è stata altrettanto linciata perché redarguì un bambino bianco che le tirava delle pietre. Sembra incredibile leggere queste storie, e mi chiedo quanto male esiste e quanto male siamo capaci di fare. Le steli racchiudano più di 4.000 nomi, tutte persone linciate ed ammazzate per motivi razziali. E tutto questo orrore è accaduto in queste terre del Sud, coltivate a cotone, dalle mani di persone venute dall’altra parte del mondo, dalle coste africane da dove vengo io. Con questo viaggio ho anche chiuso il cerchio di questo mio peregrinare iniziato cinque anni fa fra le coste del Ghana, per poi approdare nei Caraibi, Ellis Island ed adesso l’Alabama. L’esatto viaggio di un giovane schiavo del XVII secolo, come un seme portato dal vento che poi si posa nel suolo caldo per germinare cotone. A Memphis ho visitato anche il museo del cotone, ed un simpatico direttore mi ha spiegato tutto quello che si può sapere su questa pianta che ha reso ricchi molti imprenditori agricoli. Sento il blues che sale su dal fiume e si mescola con la lanugine del cotone e con il dolore degli schiavi che lavoravano nelle piantagioni. Martin Luther King si sentiva che doveva morire quella sera di aprile al Lorraine Motel di Memphis, si stava preparando per il discorso del giorno dopo a sostegno dello sciopero che i netturbini stavano portando avanti. Prima di essere colpito da un proiettile sparato dall’edificio di fronte, volle sentire la sua canzone preferita, Take my hand, Precious Lord. La canzone ancora risuona nella stanza d’albergo che ora è diventato un museo, come in tutti questi luoghi risuonano ancora le sue preziose parole, la forza delle sue lotte che hanno scardinato la segregazione razziale, con semplici gesti e proteste, senza mai usare la violenza, come Rosa Park che nella città di Montgomery si rifiutò di cedere il suo posto sull’autobus ad un uomo bianco. Infatti era vietato per le persone di colore sedersi, se c’erano dei bianchi in piedi, dovevano concedergli il posto.
Ad ogni passo che ho compiuto sopra il ponte sul Mississippi ho percepito il peso e l’importanza di questi avvenimenti storici, mentre per le vie di Nashville, mi sono soffermato su una differente storia di un’altrettanta persona speciale, Johnny Cash. Cash era un cantante che decise di fare i concerti nelle carceri per portare una parola di conforto agli ultimi, di aiutare i nativi americani e di amare una donna con verità, cosa rara. Infatti, ormai la verità dei gesti è solo disillusione, le parole poi non fanno germogliare più il grano e neppure le rose, anzi vi sono ragazze che le distruggono. Ciò che si afferma un giorno, non vale più il giorno successivo, i sentimenti che si dimostrano ed ostentano, poi svaniscono come le ombre scarnificate dal sole, la vita diventa una luccicante ipocrisia da lucidare con il sangue d’innocenti. Mi sento un Orfeo abbandonato nell’oscurità, il Mississippi è un enorme Acheronte e si agogna un ritorno rapido. Ed a volte ci si ritrova come Martin Luther King seduto in cucina pregando con le mani congiunte sul tavolo, sorseggiando del caffè. Il Pastore battista, una sera perse il coraggio di andare avanti, le sfide ed i pericoli che lo attendevano erano diventati troppo grandi per lui. Fu il momento in cui poteva rassegnarsi e lasciare, ma una voce dal cielo gli disse: “Stand up for justice, stand up for truth; and God will be at your side forever.”
Sicuramente questo viaggio circolare mi ha permesso di comprendere meglio la natura dei diritti umani, toccarli con mano e constatare che ci sono state persone che hanno dato persino la vita per la loro difesa e promozione. Il male esisterà sempre, non possiamo immaginare un mondo senza di esso, perché è parte della nostra natura umana. Ma quando la notte cala ed abbiamo già tagliato la “lunga” speranza, basta chiedere, come fece Martin Luther King, di farci sentire la nostra canzone preferita, per lenire ciò che ci ha ferito, perché nulla può scalfire o eliminare la verità che cerchiamo di mostrare e che portiamo nel cuore, percorrendo questa vita, navigando un Acheronte, o semplicemente Down to the Mississippi River.