Il volo del Condor

PeruHo passato un breve tempo nella terra del Condor, lavorando e visitando una mia amica che vive nel Cuzco. Un breve periodo pensando e meditando sulle imponenti Ande, immergendomi nella cultura andina, nei suoi tempi lenti, nel suo mondo circolare. I voli del Condor producono sempre dei cerchi, le strutture Inca sono spesso circolari, il Valle Sagrado ha una conformazione circolare, il senso di condivisione della gente del posto e degli stranieri che vi abitano ti abbraccia, ti avvolge anche questo per certi versi è un cerchio. Il cerchio è sempre sinonimo di continuità, di qualcosa d’infinito che si ripete, al contrario della linea retta fine a se stessa, un’istante che si perde nello scorrere del tempo. Pensare ad un tempo circolare come l’urna greca di Keats che proprio con la sua forma ovoidale riproduceva la ripetitività delle scene rappresentate in bassorilievo dando un senso al tempo; per esempio il bove non sarebbe mai arrivato all’altare sacrificale ed il ragazzo che inseguiva la fanciulla mai l’avrebbe afferrata ma per sempre l’avrebbe avuta davanti ai suoi occhi, ciò permette una veridicità e profondità delle azioni umane. Questa concenzione del tempo di matrice greca e romantica contrasta con il nostro tempo pieno di istanti simili a goccie di pioggia che tagliano il cielo per poi scoparire una volta toccata terra. In questa mia piccola esperienza di un mese in Perù ho potuto riscontrare tutto ciò, ho conosciuto varie persone che mi hanno fatto emergere questo senso di accoglienza e del donare importanza ad ogni singola azione che compiamo. L’ospitalità della mia amica Silvia è stata incredibile, una vera guida andina, che mi ha fatto scroprire parti delle Ande fuori dai comuni tragitti turistici, come bere assieme una bottiglia di Pisco, parlando di cooperazione e dei problemi della regione Andina. Il Perù è il primo paese sudamericano per quanto riguarda il turismo, ma c’è ancora molta disuguaglianza economica e la richezza rimane nelle mani di pochi. E’ facile incontrare nelle Ande bambini che vendono souvenir fuori dai siti turistici, sui sentieri di montagna o davanti alle chiese. L’infanzia non è adeguatamente protetta, anche nei quartieri più popolari di Lima la vita è difficilissima come nel Callao. Ho lavorato in questo quartiere, dove i Salesiani di Don Bosco, hanno un centro per ragazzi di strada. Il progetto che ho aiutato a realizzare si chima niños de plomo, bambini di piombo. Piombo perché in questo particolare barrio di Lima, vi è molto inquinamento dell’aria dovuto ai grossi camion che trasportano materie prime al porto industriale. Sono spesso minerali che provengono dalle Ande e spesso i camion non hanno copertura quindi la polvere dei minerali si posa sulla terra e su tutto quello che c’è nel Callao. Bambini di piombo non solo per la questione dell’inquinamento ma anche per il clima di violenza ed oppressione che si vive nel barrio, infatti l’unità famigliare non è per niente scontata, vi sono bambini che vivono per strada poiché sono orfani o poichè i genitori si trovano in prigione. “Depurare” questi bambini dall’inquinamento e dalla violenza domestica e della strada è lo scopo del progetto niños de plomo. Sono luoghi difficili in cui vivere, ma nelle poche volte in cui ho passeggiato per il Callao, assieme ai ragazzi del centro Don Bosco ed agli operatori sociali, abbiamo sempre “camminato in cerchio”, non erano scoraggiati di fronte alla loro difficile condizione, ogni loro azione era volta a costruire qualcosa di migliore, passo dopo passo, un pezzettino alla volta, come il volo del Condor che lento gira fino a toccare la terra, la stabilità, la casa. Mi ricordo che decisi di scalare le montagne intorno a Pisac, città del Valle Sagrado, sulle Ande. Lo sforzo è stato enorme, senza l’aiuto e la guida di Josè, il ragazzo della mia amica Silvia, non ce l’avrei fatta. L’aria a più di tremila metri è rarefatta è difficile respirare. Alcuni punti erano abbastanza difficili al limite del trekking, quasi servivano le corde. L’ascesa è stata anche spirituale, pensavo a quello che avrei fatto nei mesi avvenire, infatti avevo appena terminato una collaborazione lavorativa in Senegal e non avevo la più pallida idea in quale parte del mondo sarei finito a lavorare. La mente era focalizzata sul lavoro, sul mio lavoro, la cooperazione. Ero felice di aver visto con i miei occhi il progetto niños de plomo che avevo contribuito a scrivere, ma realizzavo che anche e soprattutto la regione andina del Perù necessitava interventi di sviluppo, politiche di redistribuzione della ricchezza, troppi erano i minori che incontravo a lavorare vendendo dal cibo ai souvenir, per non parlare delle tante donne che facevano altrettanto per qualche soldo. Arrivato in vetta mi si para davanti una bizzarra visione, una giovane donna con un neonato sulle spalle che vende monili e teli inca proprio su quella vetta. Rimango basito, mi chiedo quanti clienti possa avere, dove viva, come faccia a nutrire il suo bambino svolgendo quell’attività economica. Il primo istinto è comprarle qualcosa, un istinto basico, come la sete che avevo dopo la scalata. Comprai un braccialetto multicolare di fattura inca, semplice ma che ricordava tutto il mio breve viaggio peruviano non un semplice istante, ma un viaggio esplorativo fin nelle radici della popolazione e della cultura, da quelle lorde di polvere del Callao a quelle ramificate ed eterne della gente della Sierra, da quelle calde che sanno di amicizia di Silvia a quelle avvolgenti e muschiose dell’ospitalità di José, infine a quelle materne e protettive della forte madre a cui comprai il bracialletto. Mesi dopo tornato in Italia incontrai una ragazza, mi piacque subito per la sua profondità, riflessione e vena artistica. Ci frequentammo ed una sera decisi di regalarle il bracialetto inca che avevo comprato in cima alla vetta andina. Le spiegai l’importanza che aveva, il suo significato, che rappresentava la verità e la profondità delle azioni umane volte a curvare il tempo e non a viverlo solo come istanti che si perdono nell’oblio. L’essere umano non è un lotofago, non può obliare le sue azioni, sarebbe tenuto a dargli un senso. In seguito la ragazza si scordò dei momenti, delle frasi e persino dei gesti, sicuramente si è scordata anche del braccialetto, non è una colpa ma è la differente visione della vita tra chi insegue un volo di un condor in una fugace estate andina e chi si adorna di loto. Preferisco le curve del vento.

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