La macchina si addentra nella grande verde selva della regione centrale del Ghana, denominata Brong Ahafo. Ci apprestiamo ad incontrare le Queen Mothers, del distretto di Sunyani, principale città della regione. Le Queen Mothers, sono i capi delle comunità locali, gli antichi regni del Ghana, come quello degli Akan erano matrilineari, e questa figura di capo è rimasta anche nell’età moderna, con funzioni di guida sociale. Il loro assenso per la ricerca che il VIS sta portando avanti in questa regione è indispensabile, infatti sensa il loro permesso non potremmo continuare a raccogliere dati per la campagna Qui si tratta di esseri umani –Stop al traffico dei migranti http://www.stoptratta.org Volendo comprendere affondo il fenomeno dell’emigrazione nell’Africa sub-sahariana, abbiamo deciso di effettuare uno studio sul territorio, raccogliendo dati tramite questionari rivolti ai migranti che sono tornati nel loro paese d’origine, ai capi famiglia che hanno parenti all’estero, ed ai giovani che vorrebbero intraprendere questo pericoloso viaggio, ma tutto questo senza il consenso delle Queen Mothers, non è possibile.
La macchina procede lentamente, le buche profonde della strada di terra battuta la rallentano, così però abbiamo il tempo per prepararci mentalmente a questo incontro ancestrale ed antropologico. Mi sovvengono proprio i miei studi universitari, e mi sento un pò come Lévi-Strauss, quando si addentrava nella foresta amazzonica per incontrarvi i popoli indigeni. Solo dopo che l’incontro è finito ed è stato metabolizzato dalla tua mente, ti rendi conto che della fortuna di aver vissuto una cosa del genere, essere stato immerso completamente in un’altra cultura, tanto da rimanerne quasi ubriaco. La macchina si ferma, e ci troviamo di fronte una casa, un focolare presso delle sterpaglie, e gli immancabili bambini che ti osservano incuriositi, quasi timorosi nel vedere due persone completamente bianche, me e Marta, volontaria spagnola. Marta come di consueto ha un debole per i bambini, e piano piano inizia a giocarci. Prende un foglio ed una penna e disegna un fiore, un sole, una casa… La bambina più piccola ne è estasiata, ed inizia anche lei a disegnare, ricopia il sole di Marta, una volta, due, tre, non smette più. Ed io mi chiedo se quel disegno è il primo disegno della sua vita, dall’incertezza di come tiene la penna in mano, e dallo stupore che traspare dai suoi occhi nel vedere l’inchiostro che bagna il foglio, credo proprio di si. E se da una parte sono felice che questa bambina abbia provato questa nuova sensazione, dall’altra non posso essere che triste nel pensare a quante cose potrà ancora perdersi. Lascio Marta alle sue lezioni di disegno e mi dirigo con George, il direttore dell’ufficio progetti dell’ispettoria salesiana dell’Africa anglofona, verso il patio della casa, dove ci aspettano cinque Queen Mothers. Sono delle donne molto rubuste, tutte quante, e vestono abiti sgargianti a mo’ di toghe romane, incutuno timore e referenzialità. Non parlano inglese, ma solo Twi, un dialetto della lingua Asante, la più comune in Ghana, quindi abbiamo bisogno di un traduttore. Le salutiamo con una stretta di mano tutte quante e poi ci sediamo di fronte a loro. La regola vuole che quando si parla ad una regina, bisogna alzarsi e così facciamo. L’incontro non dura molto, spieghiamo i nostri intenti, le Queen Mothers sono contente dell’iniziativa e ci danno il permesso di iniziare la nostra ricerca sul campo. Come spesso succede, queste figure che provengono da quell’Africa incontaminata, non mostrano un’emozione come la felicità, tramite un sorriso o un’espressione della faccia, ma si può star certi che il loro sentimento è vero e granitito, e a volte forse è meglio non esternare le emozioni con gesti plateali, il silenzio le da maggior rilevanza. Comunque una delle Regine, salutandomi si fa scappare un Thank you accompagnato da un risolino. Scendo le scale del patio con la consapevolezza ancora una volta di avere assaporato e vissuto l’Africa nella sua integrità, e ciò non può essere che un dono. Iniziamo il lavoro sul campo, le interviste ai migranti che sono riusciti a tornare sani e salvi in Ghana, dopo aver attraversato il Sahara ed il Mediterraneo, George aiuta nelle traduzioni, Marta continua nella sua lezione di disegno alla bambina, io rimiro ancora le Queen Mothers che placidamente abbandonano il patio per addentrarsi nella foresta, e poi giungere ai loro rispettivi villaggi. La verde foresta le fagocita, come per proteggerle, come per proteggere quest’ultimo pezzo di Africa ancestrale.